Intervista di Giuliana Neri
– Lisa, tu eri già un’artista, una creatrice con il tuo lavoro di ricamo. Cosa ti ha spinto ad intraprendere la carriera di scrittrice?
Ciao Giuliana, ti ringrazio per l’appellativo che mi riservi… ma “artista” forse è un po’ troppo! Io semplicemente amo le mie passioni. Al giorno d’oggi è difficile e non c’è giorno in cui non mi senta
cadere a terra. Però loro, le passioni, sono linfa che circola nel sangue, clorofilla salvifica capace di generare forza e beltà. Da che ne ho ricordo, la scrittura e il ricamo fanno parte di me in egual misura; pochi anni dopo aver iniziato a leggere ho iniziato a ricamare, d’estate, dalle suore. In fondo sono attività simili: il ricamo è fantasia imprigionata tra fili e trama mentre scrivere è fantasia (più o meno fantastica) imprigionata tra lettere e ortografia. Sempre di voli si tratta. Quindi non posso che risponderti: non c’è stato nulla che mi ha spinta a scrivere. Ho scritto, semplicemente.
– C’è stato qualcosa o qualcuno che ti ha ispirato particolarmente in questa tua decisione?
Una volta, alle superiori, ricordo che l’insegnante di lettere lesse ad alta voce un mio tema in classe. Alla fine tutti applaudirono. Penso che avere la fortuna di incrociare persone che ti gratificano e ti stimolano, sia fondamentale per infondere il coraggio necessario “per crederci”. Il resto, poi, viene da sé. Ascoltandosi e ascoltando, sempre, tutto ciò che ci circonda. Il detto e il non detto. Il visibile e l’invisibil
– Da autrice ti senti una lettrice più critica?
Il mio modo di leggere non è variato rispetto a prima della stesura del libro. Scrivo perché leggo e leggo per imparare dagli scritti altrui. Non mi approccio ad un libro con spirito critico, mai. Chi scrive suda, studia, soffre, si emoziona. A me può non piacere un genere rispetto ad un altro, ma non detengo lo scettro del giudizio. Nelle mie letture – se non si tratta di saggi o manuali – cerco capacità di evasione o immersione; cerco empatia, cerco emozioni che magari non ho mai provato perché appartenenti a contesti lontanissimi dal mio quotidiano. Aiuta a sensibilizzarsi, a conoscere gli altri.
– Quali sono i tuoi autori e generi preferiti?
Che domanda difficile! Sono una lettrice bulimica e per questo poco selettiva. Diciamo che prediligo storie di vita vera rispetto ai fantasy, ai gialli o alle letture noire. Ma non cestino nessun libro a priori. Ci si deve sempre lasciare la possibilità di sorprendersi. Se un autore ha grandi capacità descrittive difficilmente il libro non si lascia leggere. Amo lo scrivere prolisso, poco sintetico e poco asciutto. Amo i fronzoli e i ghirigori a parole. Adoro i classici, capaci di ricamare frasi tra pizzi e crinoline. Amo i romanzi storici e ultimamente apprezzo molto anche libri scritti da esordienti. Moderno o classico, purchè capace di portarmi dentro un mondo che mi emozioni. Amo, in particolar modo, chi fa un uso abbondante di metafore.
– Hai già in cantiere un nuovo lavoro?
Questa domanda mi fa ridere: io ho sempre cantieri aperti! Caleidoscopi di emozioni che mi frullano in testa e che mi piacerebbe vedere su carta. Non scrivo un romanzo in poco tempo, ho bisogno di approfondire, cercare, osservare… e questo richiede calma, pazienza e costanza. Adesso sto scrivendo un romanzo che attraverserà il tempo e lo spazio, tre generazioni che continuano a vivere tra ricordi e genetica… e aria.
– Quali sono le emozioni che, secondo te, un libro dovrebbe sempre trasmettere?
Posso dire, come ho già scritto prima, ciò che io cerco in un romanzo. Riflessioni, poesia, eleganza di esposizione, profondità, emozione. Se un libro riesce in tutto questo, per me è un buon libro. Se riesco a “vedere” ciò che l’autore scrive, per me è, appunto, un buon libro come pure se mi permette di soffermarmi a riflettere. Ci sono libri capaci semplicemente di farmi ridere, con leggerezza… anche questa è una emozione fattami scaturire e quindi per questo ringrazio chi l’ha scritto. Non importa quindi il genere, l’importante è che ci sia anima e emozione ben veicolata.
– Cosa pensi che debba fare un autore emergente per farsi conoscere?
In un mondo in cui avere credibilità è difficile, metterci la faccia è sicuramente il primo dovere. Io adoro ricevere messaggi – pubblici o privati – da lettori che condividono con me ciò che hanno provato leggendomi. È magnifica questa possibilità offerta dai social, di far rete tutti insieme, di intersecarci come rami di glicine. Pareri, opinioni, emozioni in fluire costante. L’unica cosa che un autore può fare è sperare che il suo libro piaccia… metterci l’anima, in e per questo. Poi se il libro piace arrivano le recensioni, gli articoli e le interviste che offrono l’opportunità di farsi conoscere. Essere gentili, con sincerità, è l’unica cosa importante. Rispettare il giudizio altrui e far rispettare il proprio lavoro. Tutto qui? No, dietro c’è un mondo fatto di pubblicità, promozioni, presenze… un lavoro continuo ma bello perché amato! Tenere l’attenzione viva. E scrivere, scrivere, scrivere di sogni verdi di speranza.
– Sei soddisfatta dell’apprezzamento per “Un secondo lungo una vita”?
Non sono solo soddisfatta… sono letteralmente al settimo cielo e forse ancor più su! Lo dico piano, sottovoce, quasi con paura: per ora ho ricevuto solamente apprezzamenti e per questo non posso che sentirmi galvanizzata, carica, gratificata. Sono consapevole che prima o poi, forse, arriverà qualche critica. Sarebbe una cosa normale, non per questo meno facile da affrontare. Molte persone mi ringraziano perché dopo aver letto il libro si sentono meno sole, mi dicono grazie anche per averle fatte piangere. È una cosa strana. Dicono che io abbia fatto provare loro emozioni sopite e siccome per me l’emozione è cibo… non potrei ricevere riscontro migliore!
Ti ringrazio per questa bella intervista che mi ha permesso di chiacchierare un po’ di me e della mia ancorata passione dello scrivere.
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