Il Sambuco: leggende, folklore, ricette antiche e frittelle!

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“Solo il sambuco odorava dalle ampie antele candide fresco e mite, là entro. Le farfalle passavano fuggevoli; gruppi di chiocciole andavano qua e là strisciando tra le piante succose, lasciando le righe lucenti.”

… quali miglior parole, se non queste di Gabriele D’Annunzio, per iniziare l’articolo?

In questi giorni di Maggio i profumi danzano tra loro come, pure tra loro, danzano i colori della natura. Mese di fiori e di piante generoso e, quindi, nel nostro mondo e in quello della letteratura orale, camminano baldanzosi i protagonisti di miti e leggende antiche.

Stavolta ho scelto il Sambuco.

Prima di aprire le porte dell’immaginazione, uno sguardo veloce alla sua carta di identità:

Il Sambuco – sambucus nigra – appartiene alla famiglia delle caprifoliacee. Il termine Sambuco deriverebbe dal greco “sambyké”, nome di una specie di strumento a corde, di forma triangolare, costruito con i rami cavi dell’arbusto. All’interno, i suoi rami hanno un midollo bianco e spugnoso che, con l’andare degli anni può degenerare creando un canale interno: questi vecchi rami vengono – o, purtroppo, venivano – spesso usati dai bambini per realizzare cerbottane e fischietti. L’albero può raggiungere un’altezza di 10 metri; questa pianta selvatica è largamente diffusa in tutta Europa, predilige i margini dei boschi umidi ma non sembra essere, in generale, schizzinosa ;-). Le sue foglie sono di un verde brillante e pare che, se sfregate tra loro, emanino un profumo sgradevole (questo però io non ve lo posso confermare visto che il mondo olfattivo non mi appartiene!). I fiori… beh, i suoi fiori – color bianco panna, a forma di stella, riuniti in infiorescenze a forma di ombrelli capaci di raggiungere anche i 20 cm di diametro – sono, per me, meravigliosamente simili a un ricamo quasi impalpabile! Le origini del Sambuco sono antichissime, pensate che tracce di bacche di Sambuco sono state rinvenute addirittura in alcuni insediamenti neolitici; pare che i popoli preistorici preparassero con le sue drupe – o bacche – corpose bevande fermentate o tingessero, con esse, i loro tessuti.

Adesso, però, visto che non sono una botanica, cambiamo registro e iniziamo a divertirci con:
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Lasciamo, per un attimo, il sentiero della realtà e addentriamoci nel luogo della mitologia, della fantasia e del folklore… ci siete? Ok, partiamo!

Le sentite le note del flauto che suona? Provengono dal “Die Zauberflöte“, il flauto magico, dorato, suonato da Papageno – il buffo uccellatore vestito di piume, reso famoso da quel compositore bizzarro quale era Mozart! Si narra, pensate, che questo strumento fosse stato ricavato dalle canne, svuotate dal midollo, del sambuco.

Il sambuco, fra i Germani lo si chiamava Holunder, ossia: «albero di Holda». Holda era una fata – del folklore germanico medievale – raffigurata come una giovane donna buona, dai bei capelli lunghi e dorati, che dimorava all’interno, appunto, di questi alberi.

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Meravigliosa raffigurazione di Holda, ad opera di Friedrich Wilhelm Heine (1882)

Le leggende che riguardano i mondi fatati sono sempre molte e spesso son pure contraddittorie, così anche le “voci che circolano su Holda” son svariate

… ma una sola cosa è certa: di certo nulla v’è!

Per alcuni la Holda è una bella donzella, per altri una vecchia fattucchiera megera nasuta capace di trasformarsi nell’ignaro Sambuco.

Per gli amanti dell’Horror, più avanti nell’articolo, posterò un’illustrazione presa da quella fucina di incubi che ho in casa: il libro “Fate” di Brian Froud e Alan Lee (ps: l’ho preso anni fa, ora a leggerne il prezzo ho un piccolo soffio al cuore 😀 ).

La maggior parte delle leggende vuole, comunque, Holda come figura positiva che abita nel Sambuco ed esso, nel calendario celtico, rappresenta il tredicesimo mese lunare.

Fino all’inizio di questo secolo, i contadini tedeschi rispettavano a tal punto il sambuco da togliersi il cappello incontrandolo nei campi; avevano timore nel rimuoverlo dal suolo ma, se avevano la necessità di tagliarne un ramo, s’inginocchiavano davanti a lui e, giunte le mani, recitavano questo verso: «Frau Holda, dammi un poco del tuo legno e io, quando crescerà, ti darò qualcosa di mio».

Si narra persino che, per curarsi il mal di denti, fosse consigliato camminare fino al Sambuco dicendo per tre volte «Frau Holda, Frau Holda, imprestami una scheggia che te la riporterò»; una volta presa la scheggia e ritornati a casa, raccapricciante è l’indicazione di incidersi la gengiva dolorante fino a macchiare di sangue la scheggia e di ritornare nuovamente al Sambuco per reinnestarla nel punto in cui essa era stata rimossa, ovviamente ringraziando. – fonte “Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante” di Alfredo Cattabiani.

Sette sono i doni del Sambuco: germogli, fiori, foglie, bacche, midollo, corteccia e radici e sette sono gli inchini dei contadini riconoscenti.

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Come scrivevo sopra, però, le versioni sono sempre in contraddizione e, se da una parte abbiamo un albero protettore che non di rado si trovava nei pressi di monasteri o di masi di montagnaedifici agricoli composti da fienile, stalla, rimessa e in alcuni casi anche dal caseificio e da una cucina – proprio per salvaguardare se stessi o le greggi; quest’abitudine è stata riscontrata anche in Bretagna, in Russia e in Danimarca -, dall’altra dobbiamo fare attenzione…

Le streghe napoletane amano nascondersi sotto i rami del noce ma ce ne son altre, in altre parti di mondi, che si celano sotto i rami del sambuco e quindi per questo si deve fare attenzione a non avvicinarvisi in modo spavaldo dopo il calar del sole. E ancora: in Svezia, fino all’Ottocento, le donne incinte baciavano il Sambuco per garantirsi una buona gravidanza e in Sicilia credevano che il bastone ricavato dal legno di quest’albero potesse colpire a morte le serpi e respingere i ladri e, secondo una tradizione antica, le persone battezzate i cui occhi fossero stati unti con il succo verde contenuto nel Sambuco, sarebbero state in grado di vedere le streghe in qualunque parte del mondo.

Il Sambuco avrebbe pure un potere divinatorio per quanto riguarda il sesso dei nascituri e la bontà del raccolto.

Nel calendario celtico, il Sambuco, rappresentava il tredicesimo mese lunare che terminava in corrispondenza del solstizio invernale: il tredici per loro significava passaggio, rigenerazione, rinnovamento. 

Prima di cambiare “capitolo” e lasciarci alle spalle folletti, elfi e fate, vi avevo promesso il disegno della fata del Sambuco, in versione horror… ricordate? Eccovela:

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Ricapitolando, se necessitaste del legno del Sambuco, ricordatevi di ingraziarvi eventuali donzelle al suono de: “Vecchina cara dammi del tuo legno / e io del mio te ne darò / quando in albero mi trasformerò”

E ancora, ultimo ma non ultimo”riporto“: se è vero – a detta del folklore – che gli infanti andrebbero tenuti in culle protettive fatte con i giunchi del sambuco, a bilanciar l’ago c’è chi sostiene che i bambini non andrebbero invece MAI tenuti in queste culle proprio perché le fate li farebbero diventar blu e neri a furia di pizzicotti!

Ma mica è finita: attenti pure a bruciar i ciocchi di Sambuco poiché ciò vorrebbe dire tirarsi addosso una disgrazia! Questi ciocchi, infatti, sarebbero capaci di portarvi il Diavolo in casa! Eh… ve lo avevo detto che il libro dell’immagine è una fucina di incubi!

Per proteggersi dal signore degli Inferi, invece, la Thiselton qualche dritta, nel suo libro, ce la dà:

“La sua influenza magica – del Sambuco, n.d.r . – ha fatto anche sì che esso sia stato introdotto in vari riti, come in Styria la Notte di Bertha (6 gennaio), quando il diavolo se ne va in giro con grande potenza. Come protezione, si raccomanda che le persone facciano un cerchio magico al centro del quale dovrebbero rimanere in piedi con delle bacche di sambuco colte la notte di San Giovanni. Facendo questo si può ottenere il mistico seme di felce, che possiede la fora di trenta o quaranta uomini.” tratto da: La magia delle erbe – T.F. Thiselton- Dyer

Chiudiamo la botola del magico folklore (anche se tanto ancora ci sarebbe da scrivere) e passiamo oltre:

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“Quando il sambuco è bianco, coltiva e cuoci un mucchio, quando il sambuco è nero, coltiva e cuoci un sacco.”

Avete paura dei fulmini? Prendete spunto dal popolo germanico e appendete ghirlande di sambuco, dopo il tramonto del Giovedì Grasso, come amuleto contro i fulmini!

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Chi sta bussando alla porta? Amalia Moretti! Forse però preferisce che io la presenti con lo pseudonimo Dr.Amal (accidenti al maschilismo d’altri tempi!). Comunque è qui, nell’articolo, perché vuol dirci la sua sul Sambuco e io, che come al solito al suo cospetto mi inchino – non sette volte ché non ce n’è bisogno! – le cedo il centro di questa stanza virtuale e la ascolto mentre parla:

“Nell’angolo più ombreggiato della tua ortaglia, fra gli arbusti che fan la siepe, ce n’è anche uno di sambuco?
Allora è certo che, in questi giorni, spiccheranno sul verde cupo del suo fogliame i bianchi e rotondi «corimbi» dei suoi minuti fiori.

***

Ebbene; se anche tu godi tenere pronti, al bisogno, vecchi medicamenti familiari (quelli che con le sue erbe e le sue piante sempre ci offre l’amica terra), cogli, ora ch’è giugno (e purchè non siano roridi di pioggia o di rugiada) i FIORI del tuo sambuco; seccali al sole; e riponili poscia in una scatola di cartone.
E se, nel corso dell’annata, un certo giorno essendo infreddato, tu avessi bisogno di una energica sudata; o se, cresciuti in famiglia, fosse scarso il latte che la novella mamma può porgere al bambino… versa gr. 200 d’acqua bollente su gr. 10 di fiori del tuo sambuco; lascia un po’ a macero; sorseggia poscia (o fai sorseggiare alla cara moglie) a tazzettine, quell’infuso caldo; e vedrai quanto, per il loro olio essenziale e per le loro resine e mucillaggini,
varranno quei profumati fiorellini a favorire a te il sudore, ed alla novella mamma la secrezione del suo latte.
Se poi tu sentissi che un tuo caro amico ha i piedi spasimanti per la gotta, e che qualcuno dolora e brucia per febbre d’erisipela, potresti allora, con carità cristiana, offrire ad entrambi una manciata dei tuoi fiori, e dire all’uno: «Falli bollire nell’acqua per un paio d’ore e con quel decotto caldo fatti poscia un lungo pediluvio». E all’altro: «Fanne un infuso; inzuppavi compresse; e applicale lì dove la tua pelle sarà più rossa e gonfia».
Ebbene; è certo che, per il dono e per il tuo ottimo consiglio, avresti da entrambi il più caloroso di tutti i «grazie».
Se infine un vecchio, un bimbo, un malato, avessero bisogno di un blando lassativo e se null’altro tu avessi alla mano, ricorda che i fiorellini del tuo sambuco hanno pure il pregio di saper pulire l’intestino; e che anche a tali fiori si ricorre infatti per preparare quelle tali tisane purgative alle quali si fa ricorso sempre con tanta fede perchè i nostri occhi ben vedono che non sono misteriosi intrugli, ma solamente un misto di certe foglie e di certi fiori quali ce li offre la Natura.
Ma non solamente per i suoi profumati fiorellini ha virtù medicinali il tuo sambuco, ma anche per le sue FOGLIE, e per i suoi piccoli frutti, e persino per la stessa scorza che ne riveste i rami. E se tu volessi conoscere tutte queste altre virtù, per poter così esattamente valutare l’importanza «farmaceutica» del tuo arbusto, sappi che l’acuto dolore, dato dalle estreme vene dell’intestino diventate rigonfie ed arrossate, può venir calmato da un certo cataplasma applicato tre volte al giorno sulla parte, e fatto con 4 gr. di foglie fresche e tagliuzzate di sambuco, un pizzico di allume, e 20 gr. di unguento populeo, cioè dell’unguento che tanto s’usava un tempo per il malanno, e che gli speziali preparavano con le gemme del pioppo (vedi).
In caso poi di scottature, si soleva (ai tempi dei bisnonni), e tuttora si suole nelle nostre campagne, – correre tosto a spiccare una manciata di foglie dal sambuco dell’orto; bollirle con poca acqua; ed applicarle poscia, tiepide, sulla parte, giacchè, essendo emollienti, veramente valgono a mitigare l’acuto dolore che desta sempre ogni bruciatura.

***

La CORTECCIA poi del sambuco, ricca com’è di acidi tannico e valerianico, di pectina, di sali, di gomme e di zuccheri, è anche un ottimo diuretico a torto caduto ora in disuso, giacchè la sua azione è sempre costante e certa, nè mai danneggia il cuore o i reni.
Quindi, se non ami seguir soltanto le nuove mode (che sempre mutano, persino nei medicamenti) ricorda che è prudente e saggio, ad autunno, appena saranno cadute morte le foglie, staccare a lembi, dai più giovani rami del sambuco, la loro scorza (che da verde e liscia ch’era sarà diventata ruvida e grigia), toglierne l’epidermide; e…
Qualcuno della famiglia ha bisogno di un diuretico? Eccolo allora pronto, col solo bollire una manciata di quella scorza in un litro d’acqua.
Vorrebbe qualcun altro, affetto da idropisia, centellinarsi ogni giorno gr. 100 di vino di sambuco per diminuire così il liquido che si sarà andato a poco a poco raccogliendo nel suo ventre? Metti allora gr. 200 di scorza a macero per 48 ore in un litro di vino bianco, ed ecco già allestito il famoso e diuretico vino di sambuco dei nostri vecchi.

***
Sappi, anche, che i piccoli FRUTTI del sambuco sono così ricchi di acidi malico, citrico e tartarico, che bollendone 20 gr. in 100 d’acqua, si prepara un ottimo e casalingo purgante; e che con il loro succo rosso-nerognolo, le donne di Roma usavano annerire le fluenti chiome allorchè cominciavano ad inargentare, e… con un effetto di certo meno lampante, ma però anche meno pericoloso di quello che possono dare certe tinture moderne che… conosco io!
Sappi pure che il MIDOLLO tolto dall’interno dei rami, e impregnato di nitrato di potassio, serve a confezionare leggeri vescicanti; e che persino il LEGNO DELLE RADICI è usato a fabbricare quei tali stetoscopi coi quali, noi medici, usiamo ascoltare i battiti del cuore.
Sappi, infine, che il sambuco entra persino nella cucina. Coi frutti maturi, i popoli nordici fanno minestre assai ghiotte per i loro palati; cuocendoli con mele e prugne affettate, fanno pure squisite marmellate; e con i fiori tuffati in una certa bianca pastella e poi fritti nell’olio bollente, la mia nipotina ammannisce frittelle che… non vi so dire quanto siano squisite!

***

Sono certo che ora, guardando il tuo sambuco in fiore, relegato nell’angolo più abbandonato dell’ortaglia, penserai: «Povero sambuco, tu che sei quasi una completa farmacia meritavi davvero, nell’orto, un posto più degno di questo!».

Sambuco, antichi rimedi, citazioni

Cara, adorata, Amalia… le frittelle di Sambuco le ho scoperte questo mese anche io! Dici che tua nipote le adora? Ti garantisco che non è la sola, qui in famiglia hanno fatto furore!

In questo articolo siam partiti con qualche minimo dettaglio tecnico, ci siamo poi ritrovati ad ammirare lunghi capelli biondi danzare attorno a un albero, sulle note di un flauto magico e profumato; abbiamo letto di Inferi e di streghe che pizzicano la pelle e poi ci siamo allargati un ciccinin continuando a leggere di sambuco e rimedi naturali, di stipsi e raffreddamenti, di tinture di stoffe e tinture celanti capelli bianchi…

Una parola tira l’altra siamo giunti, assieme ai saperi, pure ai sapori.

E proprio coi sapori concluderò quest’articolo: con una dolce nota di zucchero sui fiori di Sambuco che ho sgranato per fare le frittelle:

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Non pesando i fiori, sono andata un po’ a occhio, lo ammetto, ma in linea di massima sono partita con 150 gr. di farina (io ho usato quella della Spadoni già proporzionata con il lievito), 40 gr. di zucchero, 2 uova, 100 ml. di acqua (Silvy’s Kitchen suggerisce il latte al posto dell’acqua, sotto troverete il link alla sua versione che ho provato a fare e che è altrettanto valida di quella di greenme.it). Le due ricette hanno dei passaggi che variano ma suggerisco comunque entrambe: farete un figurone! Unico consiglio, non esagerate con il Sambuco perché:

La cara Amalia non è che parlava tanto per parlare… l‘effetto lassativo potrebbe essere un dato di fatto, sapevatelo!

Ricetta 1: “Frittelle di Fiori di Sambuco

Ricetta 2: “Frittelle di Sambuco” dal blog di Silvy’s Kitchen

Scrivendo e scherzando, le frittelle son terminate, come terminato è quest’articolo.

Che fiore o pianta finirà nel pentolone delle leggende, delle citazioni, delle ricette antiche, degli antichi saperi, la prossima volta?

Forse l’equiseto, forse la rosa, forse qualche fiore piccolissimo e profumato, chissà…

Lisa.

P.s: libri da cui ho preso spunto:

Libri di fate, rimedi naturali, erboristeria, consigli di lettura, manualistica green

Fate – di Brian Fround e Alan Lee, a cura di David Larkin, Bur

Erbe che curano – Giunti Demetra

Le cure di Sant’Ildegarda – a cura di Fausta Vaghi, La casa verde Editore

Terapie naturali – Dr. Paolo Pigozzi

Dizionario dei simboli, dei miti e delle credenze – Corinne Morel

Parla il dottor Amos delle piante – Amalia Moretti Froggia Della Rovere (Liber Liber)

La magia delle erbe – T.F. Thiselton- Dyer

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14 risposte a "Il Sambuco: leggende, folklore, ricette antiche e frittelle!"

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  1. Bellissimo articolo, molto interessante! Come sempre, del resto… 🙂
    Ancor prima di leggere il rimando al testo di Froud e Lee avevo riconosciuto un disegno tratto dal libro: e pensare che lo avevo fino a neanche tropop tempo fa, poi l’ho dato ad un collega che ha due bambini piccoli, quindi ho pensato che fate, gnomi, troll e affini potessero piacergli. Uhm, mi sa che quasi quasi glielo richiedo… 😉
    Bella la foto ai testi di riferimento.
    Non smetti mai di stupirmi! 🙂

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    1. Grazie per i complimenti, Luca 🙂
      Io, il libro delle Fate che ho (questo nell’articolo, nello specifico) l’ho preso pensando di ritrovarmi dentro un mondo incantato (anni fa!) e ho poi scoperto che per leggero e spensierato non lo è per nulla! Lo definirei più un libro di essere malvagi capaci, come ho scritto, di generare incubi! Non lo ritengo fanciullesco per niente… anzi! 😀 Comunque i disegni, contenuti al suo interno, sono davvero ben fatti.

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      1. Ciao Lisa, i complimrnti te lin meriti davvero 🙂
        Anch’io ricordo di essere rimasto stupito la prima volta che sfoglia il testo di Froud e Lee; tutti i disegni, per quanto belli siano, sono tutti riferiti a brani riguardanti esseri per la maggior parte malvagi; in effetti forse ho sbagliato a darlo a quel collega, ma quando l’ho fatto non mi ricordavo che fosse così, non lo sfogliai prima di darglielo… Comunque, un altro libro per permettermi di sognare mi è rimasto: si tratta delle Fiabe irlandesi, volume curato da William Butler Yeats. 🙂 Ti auguro un piacevole pomeriggio. 🙂

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  2. Ma quante cose sul sambuco! Io mi ricordo solo che da giovane (anni e anni) usavo le bacche per andare a pescare e i pescigatto ne andavano ghiotti! 🙂

    A saperlo prima di tutto questo folklore, sarei stato più rispetto: non vorrei un giorno ritrovarmi con le radici al posto dei piedi! 😛

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    1. Le radici al posto dei piedi 😂 o i lividi lasciati dai pizzicotti, la notte 😂😂
      Del suo utilizzo come esca per pesci non ho letto da nessuna parte… pensa te che mondo si apre, partendo da un nome! Io, facendo questi articoli, mi diverto sempre un mondo!

      Piace a 1 persona

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