“A proposito di niente” di Woody Allen

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A proposito di niente” (Titolo originale: Apropos of nothing. Autobiography) è l’autobiografia del grande regista americano Woody Allen, pubblicata in Italia da La Nave di  Teseo – traduzione di Alberto Pezzotta – rifiutata dal primo editore americano Hachette in seguito alle accuse rivolte al regista.

“A proposito di niente”: 400 pagine? Bel corposo, questo “niente”!

Nei film di Woody Allen, spesso, si sente una voce narrante – la sua – che segue il flusso di coscienza o ci introduce nel mondo dei protagonisti… avete presente? Ecco, questa autobiografia pare essere narrata da lui direttamente al lettore. A tratti leggevo quasi balbettando… no, non è vero… forse ora sto esagerando un tantino! Comunque l’effetto, almeno su di me, è stato esattamente questo e non è che mi capiti spesso; solamente quando leggo i libri di Augias e pochi altri.

Fatto sta che le 400 pagine mi sono scivolate velocemente sotto agli occhi, al ritmo delle sue digressioni, diramazioni molteplici e tipicamente alleniane.

Mi piacciono le autobiografie, lo sapete, siano esse storiche, sportive – o chicchessia a scriverle – io ne sono sempre attratta e il motivo è semplice: adoro entrare nei meandri di altrui vissuti, dietro angoli svoltati, fossati saltati, paure, speranze, crescite e determinazione. L’ambiente professionale da cui proviene l’autore mi è quasi indifferente giacché a interessarmi è il suo “dentro”.

Woody Allen l’ho sempre considerato ipnotico per quell’ossimoro che mi pare rappresentare: sembrava senior anche quando era teen; sarà quello sguardo bonario e fanciullesco a scombinare le carte? Sarà quella sua strana capacità di apparire come uno che esce dallo studio dello psicanalista cervellotico, brandendo l’ombrello di Mary Poppins? Mondi che cozzano, razionalità e irrazionalità, sogni e concretezze.

Comicità e dramma: Woody Allen

Woody Allen
Ma parliamo del libro; ecco alcune parti tratte dall’inizio:

“Come il giovane Holden, non mi va di dilungarmi in tutte quelle stronzate alla David Copperfield, anche se in questo caso i miei genitori magari possono essere un soggetto più interessante del sottoscritto. Mio padre, per esempio: nato a Brooklyn quando era ancora tutta campagna, raccattapalle per i Brooklyn Dodgers, giocatore di biliardo, bookmaker; un ebreo piccolo di statura ma che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, e che sfoggiava camicie sgargianti e capelli imbrillantinati pettinati all’indietro alla George Raft.”

“Mamma aveva cinque sorelle, una più brutta dell’altra – e lei verosimilmente le batteva tutte”

In modo non sempre diacronico, l’autore ripercorre gli anni della sua vita a partire dalla sua nascita – anzi no, a partire da molto prima di essa! – con descrizioni – non sempre piene di parole di lode – ci tratteggia i suoi genitori, dipingendoceli con i colori di una realtà a volte scomoda. Nulla viene edulcorato, nessuna argenteria viene lucidata. Quella che Allen ci presenta è la pura realtà in cui si colloca, compresa di cinismo, ironia e frasi incisive.

E di parole da far uscire ne ha molte, ne ha per tutti!

Questa lettura ondeggia tra un atteggiamento ironico e uno autodenigratorio; quasi in modo costante, infatti, Allen si dichiara incredulo della sua fortuna sul lavoro e con l’altro sesso. Fortuna?! Allen, ci sei o ci fai? Gli pongo questa domanda, di certo irriverente, giacché nel libro “mi ha detto” che a lui ‘di leggere recensioni che lo riguardano’ non importa un piffero – non che avessi – per fortuna e senza ombra di dubbio alcuno – la benché minima idea che lui capitasse nel mio blogghino. 😉

Per leggere che sono un genio o un idiota incompetente? So già che sono un incompetente e che non sono Einstein. Il narcisismo è una trappola e una perdita di tempo.

Il suo punto di vista è chiaro: se sai di aver investito del tuo meglio in un determinato progetto, a che serve leggere conferme o smentite, poi?

Mi chiedo: non dare importanze al parere degli altri è indice di autostima alle stelle o di paura del giudizio?

Il fatto che Allen sia un misantropo che non abbia mai fatto segreto del fatto di non amare la mondanità e le folle potrebbe essere un indizio, ma di cosa? Non era nemmeno presente – volutamente – alla cerimonia di premiazione degli Oscar, quando “Io e Annie” è stato “nominato” lui suonava a New York e ammette di aver usato il concerto come scusa.

Irriverenza? Timidezza?

Non mi piace che si diano premi in campo artistico. Film, libri e così via non vengono creati per fare a gara gli uni con gli altri; nascono per soddisfare un impulso creativo e, si spera, per intrattenere. Non sono interessato a sentirmi dire da qualcuno quale sia il migliore film, libro o musicista dell’anno. (…) Basti dire che la notte degli Oscar del 1978 suonai meglio che potei, tornai a casa, dormii e la mattina dopo un articolo del “New York Times” – prima pagina, ma taglio basso – annunciava che avevamo vinto quattro Oscar, compreso quello per il miglior film. Reagii come quando avevo saputo dell’assassinio di Kennedy. Ci pensai per un minuto, poi finii la mia ciotola di cereali, andai alla mia macchina da scrivere e mi misi al lavoro.

Woody Allen tratteggia in queste sue pagine, un autoritratto in cui, gran parte delle linee è costituita dal suo mondo interiore in relazione con l’esterno.

Si legge di genitori e genitorialità; di orme lasciate su di lui o “sue su altri”. Impronte, strade da seguire o da cui tenersi alla larga. Seguire la propria indole? Mmm… se lo avesse fatto probabilmente sarebbe un asso tra i bookmakers oppure un mago – la magia è tra le sue primarie passioni, assieme alle donne, of course.

Lo credete un intellettuale? Io si, lo ammetto. Beh, lui si aggiusterebbe gli occhiali neri sul naso e vi guarderebbe con ghigno derisorio. Lui tale non si crede per nulla, anzi! Si ritiene una persona semplice, che non ama i circoli culturali o i glitter del mondo glamour… a lui piace farsi le sue storie mentali, divertirsi a metterle in scena e poi, magari, correre a casa a fare l’amore o a guardare una partita sportiva alla tv.

Woody Allen e i libri…

Leggevo romanzieri, poeti, filosofi; avevo i miei problemi con Faulkner e Kafka, me la passavo peggio con Eliot e ovviamente con Joyce, ma amavo Hemingway e Camus perché erano più semplici e mi davano qualcosa; quanto a Henry James, non arrivai mai alla fine di un suo libro, per quanto mi sforzassi. Mi piacevano Melville ed Emily Dickinson, e mi presi la briga di documentarmi sulla vita di Yeats per apprezzare le sue poesie. Fitzgerald non mi faceva impazzire, ma amavo Thomas Mann e Turgenev. Mi piaceva Il rosso e il nero, soprattutto quando il suo giovane eroe si chiede se sedurre la più anziana e sposata Madame de Rênal. Inserii una parodia di quell’episodio nella mia commedia Provaci ancora, Sam, che interpretai a Broadway con Diane Keaton. Lessi Charles Wright Mills e Ginger Man, e Norman Oliver Brown mi fece scoprire cos’è la perversità polimorfa.
Le mie letture disordinate lasciavano ampie lacune nella mia cultura, ma adesso ascoltavo anche musica classica, visitavo i musei e cercavo di farmi un bagaglio non per qualche nobile aspirazione, ma per non fare la figura del babbeo con le donne che mi piacevano – anche se in sostanza un babbeo era quello che continuavo a essere. A tutt’oggi, la mia poesia preferita è quella delle canzoni, e niente che abbiano scritto Eliot, Pound o Auden mi commuove come questi versi di Cole Porter: “Non vali un patrimonio / come un asparago fuori stagione.”

Un’autobiografia esilarante ma per nulla comica, questa. Del resto cosa ci si può aspettare da uno scrittore che paragona la propria pettinatura alla Grande onda di Hokusai? Genialità! Appunto.

Inutile dire quello che già sapete: in questo libro Woody Allen parla delle sue molteplice avventure amorose – più o meno durature -, delle speranze, degli stupori, delle incredulità, delle complicità che nascono sul finire di certi rapporti oppure delle accuse al veleno, in altri casi. Ovviamente la parte “Mia Farrow” ci viene raccontata, con il suo pov, certo, ma in un modo che non fa una piega.

Non credo si tratti di mero patto referenziale stipulato da lui con me lettrice,  sono quasi certa di non aver subito da parte dell’autore un condizionamento psicologico che mi ha obbliga a credere a quanto mi veniva detto; anche perché di sentenze in tribunale – quindi nero su bianco – a suo favore, Allen ne ha riportate più d’una.

E i suoi film? Gli attori, i retroscena, le aspettative? Non mancano, ovviamente ce ne sono a iosa. Ho avuto la fortuna di terminare questo libro proprio due sere prima che su sky mandassero in onda il suo ultimo film “Un Giorno di pioggia a New York” – ne ho parlato qui – e ieri sera ho rivisto “Io e Annie”. Questo parallelismo tra pellicole e aneddoti appena letti, scritti di suo pugno, mi è piaciuto molto!

Originale anche l’intervista che Woody Allen si è fatto, alla fine del libro.

“Come riassumere la mia vita? Tanti stupidi errori compensati dalla fortuna. Il mio rimpianto più grande? Che ho avuto milioni per fare film in totale libertà, e non ho mai girato un capolavoro.”

Di domande ce ne sono altre ma non le riporto per non fare troppo spoiler 😉

Ci sono tante cose che potrei scrivere su questo libro o a partire da esso. Molte le riflessioni sull’impatto degli altri sulla nostra vita; sulle accuse ingiuste che, davvero, sono come un pericoloso fiammifero acceso in mezzo al campo di grano agostano. Sulle seconde, terze, quarte opportunità che la vita offre. Su saponette addentate per la fame, sulla povertà, sulla disabilità, sul buonismo da “prima copertina“. Sui soldi, su gocce di pioggia che riempiono i secchi anche negli attici del ventesimo piano della Quinta Avenue – “c’è una cosa che non ti dicono mai i film della Metro-Goldwyn-Mayer: ossia che gli attici hanno il problema delle infiltrazioni. Ho chiamato i tecnici, ribaltato il giardino, rifatto tetto e guaina, messo pannelli di rame, ma quando pioveva dovevo sempre tirare fuori i secchi, perché non si trattava di qualche timida gocciolina: i secchi si riempivano in fretta e ogni anno dovevo imbiancare“.

Terminando questa recensione so di renderla zoppa perché incompleta. Non ho citato le sue fobie, le sue paranoie, i suoi vezzi, i nomi delle donne importanti per lui, sua cugina, i suoi figli e la sua attuale moglie. Non ho scritto praticamente nulla ma, se lo avessi fatto, perché dovreste leggervi il libro? Per questo decido di fermarmi, consigliandovene la lettura senza ombra di dubbio! Le 400 pagine voleranno, credetemi! Voleranno anche se non siete cineasti o amanti del cinema in senso ampio e non professionale.

Mi fermo. Tronco qui l’articolo ammiccando al consiglio che Allen mi ha dato nel libro:

Anche gli elogi più sperticati non ti evitano l’artrite e il fuoco di sant’Antonio. Ed è così terribile che qualcuno non impazzisca per il tuo lavoro? Che a qualcuno possa non piacere il tuo film? L’universo si sgretola alla velocità della luce e tu ti preoccupi di un tipo di Sheboygan secondo cui i tuoi film sono lenti? O una signora di Tuscaloosa scrive che sei un genio e tu credi che la sua opinione ti renda pari a Rembrandt o Chopin? Occupati di cose serie.
Ai giovani filmmaker consiglio sempre una cosa: lavorate a testa bassa. Non distraetevi. Concentratevi e godetevi il lavoro. E se non siete capaci di godervelo, fate qualcos’altro. Non lasciatevi influenzare. Sapete se quello che avete in testa è divertente e quali sono i vostri obiettivi. Non serve che sappiate altro. Avete un’idea? Cercate di realizzarla. Tutto qua. Giudicate da soli se avete fatto il film che avevate in mente. In caso positivo, siatene appagati, strizzate l’occhio alla vostra immagine allo specchio e andate avanti. Se invece pensate di avere fallito, cercate di fare tesoro della lezione, e la prossima volta provate a fare di meglio. – “A proposito di niente” Woody Allen

Puoi leggere l’estratto di “A proposito di niente. Autobiografia” di Woody Allen:

qui

Woody Allen

10 risposte a "“A proposito di niente” di Woody Allen"

Add yours

  1. Ciao! Molto bello!
    Avevo dubbi sull’acquisto del libro, ma li hai spazzati via tutti con la tua simpatica recensione.

    P. S. scusami, posso condividere il tuo articolo? 😀

    "Mi piace"

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