Oggi “Una parola tira l’altra” sul romanzo d’esordio di Davide Ceraso: “La direzione della coccinella” pubblicato da Dark Zone edizioni a luglio 2020.
Posso esordire questo articolo, usando per cappello un’interiezione? Bene, perché qua mi tocca partire scrivendo un Wow fresco fresco di lettura appena terminata!
Ma andiamo per ordine…
Questo libro ha catturato la mia attenzione grazie a una copertina semplicissima eppure potente a livello comunicativo: uno spot color rosso spicca in un insieme in chiaro-scuro. Ci ho visto una coccinella aggrappata a un caduco supporto; io con l’immaginazione “gioco facile” ma, chissà, forse insieme, lo stelo e la coccinella, stanno sfidando una lieve brezza mattutina oppure… oppure se ne stanno semplicemente lì, in equilibrato ascolto…
Prima di partire con le mie avventure in parole, vi semplifico la lettura con la sinossi ufficiale – lo sapete: io e lo spoiler non simpatizziamo per nulla!
“Non so se tu abbia mai osservato una coccinella in procinto di spiccare il volo. Socchiude un poco le elitre puntinate di nero e le dischiude quel tanto che, per un attimo appena, le fa sembrare un cuore. È difficile starle dietro ma dicono che, se si è abbastanza svelti, ti porterà dalla persona amata, da chi possiede una parte del tuo cuore…” Lorenzo e Valentina sono uguali e allo stesso tempo diversi: trascorrono le loro giornate in una Torino che respira nebbia e sbuffa cieli tortora, fino a quando le loro vite si incontrano. Tra i due sboccia un sentimento, ma lei sta per partire per l’America. E l’attesa, a vent’anni, è un istante sospeso dal retrogusto amaro. Così Lorenzo s’innamora di Alice, ragazza-madre dalle mille cicatrici celate sotto una pelle pallida e con una figlia, Mia, che osserva il mondo attraverso occhialini da nuoto. Tutto sembra andare nel migliore dei modi, finché nel silenzio di una notte un messaggio di Valentina sconvolge tutto. Di nuovo. Lorenzo annega nel mare dei dubbi: chi ama davvero? Valentina o Alice?Nel momento in cui dovrà fare una scelta, sarà una coccinella a indicargli la direzione da prendere. Perché il cuore non sbaglia. Mai.
E adesso inizio con lo scrivere che se la sinossi potrebbe farvi pensare si tratti di un romanzetto con cose trite e ritrite
luiamaleimaamaanchel’altrablablafarfallinecoccinellestellineangiolettisolitestorielled’amoremagaritardoadolescenzialeincuiallafinetuttosirisolveconunazollettaditroppodizuccheronellatazzina...
ecco, vi sbagliate! Se così fosse stato, non solo non sarei giunta alla fine del libro ma nemmeno, probabilmente, lo avrei iniziato! Mi è stato sufficiente leggere quello che ritengo essere uno dei Prologhi più belli che mi sia capitato di leggere e se ne avete piacere potrete leggerlo voi stessi qui
La sinossi corrisponde al vero, logicamente, ma non fa trapelare lo stile narrativo, perfetto, con cui questo libro è stato scritto e non fa trapelare nemmeno le altre particolarità in esso contenute.
Penso, per esempio, ai punti di sospensione usati non per creare pause, attesa, suggerire che una tale situazione continui o che l’immaginazione del lettore possa sentirsi libera di continuare, oppure ancora, che un eventuale elenco potrebbe proseguire… bensì, Davide Ceraso dà a quei tre puntini una connotazione diversa conferendo ad essi il potere tipico dei portali spazio-temporali; dopo di loro, infatti, c’è sempre un cambiamento di data, di punto di vista, di percepire e di percepito. Ha codificato, quindi, uno sbalzo all’interno della trama, i tre puntini delimitano una bolla di tempo, sempre. Ciò che dopo loro ti ritrovi potrebbe essere un io narrante diverso, oppure lo stesso ma proiettato nel suo presente o nel suo passato.
Insomma, macchiavellico quel tanto che potrebbe bastare per dare una postura eretta a un buon romanzo: l’averci lavorato sopra con competenza e originalità.
E il lessico, lo stile, l’attenzione ai minimi dettagli che contornano le emozioni del quotidiano… quanto mi piace tutto questo, quando non risulta un banale elenco della spesa!
Prima ho citato “i punti di vista”, bene, se al link che vi ho riportato sopra avete letto il prologo, avrete già capito l’intensità con cui scrivo, appunto: “punti di vista” e non aggiungo parole.
Leggendo Ceraso – al suo primo romanzo ma qui sembra di leggere un libro moderno scritto con finezza classica! – inevitabilmente il pensiero mi è andato a Mathias Malzieu e al suo meraviglioso “La meccanica del cuore” (libro di cui ho scritto qui). Sono proprio le sensazioni durante la lettura ad essere le stesse, non la trama o le idee bensì lo stile che fa da veicolo emotivo.
Per tutta la durata del libro – proprio tutta! – ho provato un sentimento strano di dolce tristezza, “Cammina leggera, perché cammini sui miei sogni”
scriveva Yeats, ecco, questo libro “cammina” leggero su un sentiero di sassi appuntiti, tocca corde di cui ognuno di noi ha udito le note, ora in questo punto ora nell’altro, ora nel bene e ora nel male, ora più e ora meno, e lo fa con una dolcezza – mai melensa – che strugge l’animo di un lettore empatico ma senza lasciargli il sapore delle lacrime sulla lingua.
Senza scrivere nulla di specifico per non rovinarvi l’eventuale lettura del libro, come spesso faccio, lo riassumo in parole chiave: cuore, silenzio, battito, tenacia, freddo, infanzia, mare, salsedine, sorellanza, amici come fratelli, rock, chitarra, sigaretta, Ichnusa ghiacciata, salsedine, matrimonio, dolore, autolesionismo partorito dalla furia violenta di un attimo di disperazione, mosche intrappolate nella ragnatela, amori di latte condensato e ruggine, neve, ghiaccio, inizio, fine, infinito, treno, partenze, arrivi, attese, coccinelle, cuore che vola, cuore che si posa, cuore che aspetta, cuore che non abbandona, circo, infanzia, vecchiaia, una vita in mezzo. Una vita oltre.
Se dovessi racchiudere questo libro in una poesia – e che poesia! – riporterei i famosi, bellissimi versi di Leopardi:
L’infinito.
«Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.»
“(…) tutti quanti nel profondo hanno qualcosa di cattivo, anche l’albicocca più dolce racchiude nel suo nocciolo una punta di cianuro.” – La direzione della coccinella, Davide Ceraso
Rispondi