
Ieri sera ho visto, in anteprima, “Mi chiamo Francesco Totti” film diretto da Alex Infascelli e tratto dal libro “Un Capitano”, scritto da Francesco Totti con Paolo Condò ed edito da Rizzoli. Il film è prodotto da The Apartment e Wildside, con Capri Entertainment e Fremantle, con Vision Distribution e Rai Cinema, in collaborazione con Sky e Amazon Prime Video, e andrà in onda in prima tv lunedì 16 novembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno e su Sky Sport Serie A, disponibile anche on demand su Sky e in streaming su NOW TV.
Bene, ora che ho riportato ciò che era corretto riportare (dati, fonti, diritti, doveri, bla bla bla), cerco di non farmi distrarre dalla Littizzetto che parla alla radio e scrivo un po’ di getto e un po’ no.
P.s: rileggendo l’articolo mi sono accorda che scrivendo del film e del libro, a tratti, mi sono persa scrivendo di me… quindi se non avete più di un minuto e mezzo a disposizione saltate pure alle parti che più vi interessano (ve le ho divise con i titoli furbi 😉 e verdi!)
Innanzitutto, probabilmente non lo ricordate, a ottobre 2018 già avevo scritto del libro “Un capitano” e quindi ieri sera io DOVEVO guardarmi anche il film, anche se non sono mai stata una fan sfegatata di questo mondo su tappeto verde! Cioè… da bambina andavo a guardare mio fratello giocare, urlavo il numero della sua maglietta come un’innamorata della rock star sul palco, al fianco di mio padre. Mio fratello non gioca più a calcio ma non è mai uscito dalla “setta”e si è limitato a cambiare il suo ruolo nella società. E poi, insomma, credo che per ogni famiglia italiana il calcio sia stato come un centrotavola importante al centro del salotto, cioè bello che presente! Penso a mio padre, alle partite in tv, alle domeniche allo stadio con la radiolina per ascoltare gli altri risultati e il cuscinetto nero-azzurro sotto al sedere, alle litigate tra parenti per le squadre diverse (un ramo della mia famiglia è Interista, l’altra Milanista) sempre dopo, però, la primaria Udinese. Io tifavo per moda, per dna acquisito involontariamente, per contesto familiare insomma… tifavo per mio fratello in primis, da perfetta sorella di undici più piccola! Tralasciando me, è comunque indiscusso il potere sociale di questo sport che attorno a sé ha creato numerosi altri microcontesti all’interno della comunità del Paese, della Regione, della Nazione; ho usato il verbo al passato giacché credo che il calcio attuale sia altra cosa.
Ci pensavo ieri sera, guardando il film, ora certe passioni non animano più allo stesso modo… ora, certe sane passioni, ancora esistono? Mio zio era uno di quelli che, se la squadra del cuore vinceva, prendeva la macchina e guidava, di notte, strombettando il clacson dalla felicità. Non credo ci siano ancora persone che lo fanno, mentre una volta, lui, era uno tra molti!
Una volta c’era più vita!
Accidenti, ho quarant’anni e sto parlando come le nonne di paese…
C’era vera passione, c’era proprio fede, c’era esaltazione! C’era un credo potente che non era quello del Dio Denaro, dei giochi politici, delle tattiche gossippare e delle arroganze sbattute in faccia… c’erano le figurine Panini, i sogni, gli amori che sbocciavano sugli spalti… basta, sto diventando nostalgica per una fede che nemmeno ho mai provato!
Ritorniamo al film e al libro…
Il film è bello, con Francesco Totti che ne fa la voce narrante, commentando in “real time” le immagini che scorrono in televisione. Talvolta una parola sfugge dentro un romanesco “importante” ma tu sorridi perché la voce e la sua, il timbro è il suo, il colore è, ancora, il suo. E scorrono immagini, ricordi, volti, palloni. Nella voce sua c’è impigliata l’emozione… ed è una cosa bella assistervi. Mi ha colpito la frase in cui dice, vado a memoria ma il senso è questo: “Vorrei, prima di morire, poter vivere un giorno normale, un unico giorno in cui nessuno mi fermi per una foto, un autografo, una pacca sulla spalla. Un unico giorno. Un unico giorno da anonimo. Non credo accadrà!” Un calciatore che sa di essere divenuto monumento della sua città – e non solo, aggiungo – che è consapevole di aver perso pelle e aver acquisito marmo. Un monumento, una statua, che però ha un cuore che pulsa e occhi che, timidamente, piangono.
Un uomo, prima che una scarpetta – anzi, scarpini, come li chiama lui – d’oro.
Quando ho guardato il suo “Addio” al campo da calcio, in diretta Tv, da perfetta iperemotiva ho pianto dall’inizio alla fine, con mio marito al fianco che con metà volto era dispiaciuto per Totti e con l’altra metà rideva per i miei occhi da Panda! Ovviamente ho pianto anche ieri sera, rivivendo la scena in uno spezzone del film. Prevedibile.
Il film mi è piaciuto e non serve nemmeno io ne consigli la visione poiché sarebbe una cosa scontata, a questo punto. Veloce, scorrevole e per nulla ricco di tecnicismi e cronache sportive che sarebbero potute risultare tediose a chi, come me, non è un seguace di queste cose. Per quelle, ve lo dico chiaro e tondo, dovete prendervi il libro che, invece, ne è ricco!
Il libro, appunto, giungendo a lui faccio un copia-incolla di quanto scrissi a “lettura terminata di fresco”:

(…) Adesso, per esempio, sto leggendo un libro che si trova in vetta alle classifiche (per quali meriti, in sincerità, poco mi importa) e che sta agitando, per questo, le masse dei lettori…
Ma se tutti lo criticano, chi erano tutte quelle persone insonni che hanno trascorso la notte, precedente all’uscita del libro, all’esterno delle librerie? Marziani? Che fretta avevano?
Non me lo spiego… ma lo classifico con la targhetta “fanatismo” e vado oltre.
Personalmente non ho mai capito i lettori snob, io leggo saggistica “spinta”, narrativa, romanzi vittoriani e biografie più o meno commerciali. A me interessano le storie. E interessa il modo con cui vengono esposte. Tolti i saggi, a me interessano i soggetti, la loro psicologia, il loro modo di interagire in un determinato contesto, il loro divenire.
E quindi il libro di Francesco Totti è finito nel mio e-reader.
Non mi importa che non sia scritto interamente di suo pugno, quante biografie contemporanee, del resto, lo sono?
Ho letto pagine di un futuro capitano, un futuro capitano bambino.
Tenacia, determinazione, rispetto e timidezza: aspetti umani!
Paura del buio, coperte tirate sopra la testa per fingersi morto qualora un malvivente fosse entrato nella sua camera.
Una madre che, durante il tragitto tra la scuola e il campo da calcio, gli ripeteva le lezioni che avrebbe dovuto studiare a casa, con amore e spirito di sacrificio (poi ben ricambiato). Una madre che assecondava il normale evolversi di un destino che si era rivelato stellare già in età precoce.
I giochi nel quartiere, in strada, quando ancora le serrande abbassate dei negozi potevano magicamente trasformarsi in reti da calcio…
In televisione Holly e Benji e Chips, in loop.
Io guardavo Mila e Shiro e La casa nella fattoria… se non sono diventata una campionessa della pallavolo e se non abito dagli Ingalls, mica è colpa di Totti!
Io e lui abbiamo un anno di differenza, gli anni sono quelli anche se la parte d’Italia è diversa e il destino pure!
Io non sono romanista e, a dirla tutta, nemmeno seguo il calcio in televisione, eppure questo libro lo sto leggendo con il sorriso in faccia. E questo mi basta!
Gli amanti del calcio apprezzeranno gran parte del libro più di quanto possa fare io, ovvio, quando parte a descrivere quel 90° minuto, quella rete mancata, quelle mani di Buffon all’incrocio dei pali, quel cartellino rosso piuttosto che quella ola entusiasta… insomma, io mi perdo un po’ e forse appoggio il libro e spengo la luce. (so’ donna, non me ne vogliano le femministe tifose sfegatate ma preferisco guardare le vetrine di vestiti piuttosto che le partite di calcio :-D)
Però tutti quegli aneddoti che scivolano fuori en passant, come arrocchi infilati tra regole di mondi a me sconosciuti, mi son piaciuti un sacco e mi hanno fanno venir voglia di proseguire il libro fino alla fine… magari saltando “qualche partita messa su carta”.
Le biografie difficilmente non mi piacciono – è vero! – ma questa la ricorderò in particolar modo. In essa vi è una caterva di sfumature di amori diversi: da quello per la famiglia d’origine, a quello amicale, alle relazioni affettive, all’amore determinante per il pallone da calciare e a quello, infine, per la donna che Totti riconosce come sua colonna portante.
Lisa.
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