“La prima ultima volta” di Vanna Mazzei e Roberto Bonfanti

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Si apre il libro, come seduti su scomode poltroncine di velluto rosso, si alza leggermente il capo e si lascia che lo spettacolo letterario “La prima ultima volta” si prenda il palco. Non è difficile, non serve fantasia o immaginazione, non se guidati dal meraviglioso stile narrativo di Vanna Mazzei e Roberto Bonfanti, Edizioni Del Faro.

La “locandina“, dallo sfondo grigio ombre di montagna, recita così:

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Il vecchio sa di essere ormai giunto alle battute finali della propria vita. È troppo stanco per potersi muovere dalla poltrona su cui siede e la sua mente alterna frangenti di lucidità a lunghi momenti di totale confusione. Prima di abbandonare questa terra vuole però fare un’ultima cosa: rivivere tutta la sua esistenza a ritroso riassaporandone ogni istante e lasciando che le asole lungo cui far scorrere il filo dei ricordi sia rappresentato dalle sue “ultime volte” (l’ultima volta che ha fatto una certa cosa o provato un determinata sensazione). Nasce così una sorta di inusuale dialogo teatrale in tre atti in cui il vecchio mette completamente a nudo la propria storia, le proprie debolezze e i propri pensieri partendo dai giorni della vecchiaia per attraversare quelli della maturità e della gioventù, prima di finire inevitabilmente immerso nel mistero sconfinato della nascita.
Un romanzo dalla forma insolita e dal contenuto introspettivo che accompagna il lettore in un percorso ombroso di profonda riflessione sul senso delle cose della vita, sulle ragioni delle scelte che ognuno di noi compie e sulle fragilità più o meno nascoste con cui ogni essere umano è chiamato prima o poi a fare i conti.

Silenzio in sala.

Laggiù una spirale di fumo, dalla pipa appoggiata sul tavolino, si alza lenta. Dal centro del palco, ombre, pochi colori, voce che, leggendo, m’immagino roca, poche parole, ponderate. Un vecchio parla a chi gli sta di fronte.

Un vecchio.

Non scorgo decadenza alcuna.

Lo spettacolo è iniziato, per me si sono aperti i tessuti rossi… per altri si stan chiudendo.

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📚 Solo 103 pagine che ne valgono molte, molte di più; un gioiello stilistico!

👏Una struttura inusuale in questi nostri giorni moderni in cui le parole si troncano e i neologismi spiovono. “La prima ultima volta” è parole in atti, dialoghi in scena. Dialoghi alla classica maniera, lunghi, non asciutti e frettolosi… il ritmo, in questa storia, c’è e non c’è… serve e non serve.

Ché se la Vita ce l’hai dietro il palco, la fretta puoi mettertela in tasca.

In teatro, fuori, dentro, davanti, la coscienza sussurra, il ricordo fa voce grossa, l’ascolto si fa costante, la consapevolezza indietreggia… o avanza?

📚Il vecchio narra, narra di sé. A chi parla? A se stesso? Al presente che incalza? Al futuro che rimbalza all’indietro?

Indossa la giacca, talvolta la cravatta, dipende. Il nodo ha imparato a farlo subito, da bambino; ad allentarlo, invece, ci ha messo di più.

👉Ogni fine è un inizio e ogni inizio ha una fine.

Sei davvero convinto nell’etichettare “prime” e “ultime” volte? Sei sicuro di aver riflettuto abbastanza prima di segnarne i limiti?

✍️ Ricordi di tempeste e rigori, di disciplina e nervi saldi. Vento in faccia, velocità, fretta, lentezza, statici ricordi, memorie di attimi incise e incidenti nel venire, nel divenire e nel ritornare.

Battito di cuore. Il primo? L’ultimo?

Tutto è una prima, ultima, volta.

✍️ Un libro struggente, pulsante, carico; stilisticamente perfetto e questo l’ho già scritto ma, lo sapete, se mi va io ridondo! Non una parola fuori posto, non un’emozione sbalzata fuori luogo.

Un libro cinico in cui vari sassi bloccano percorsi evidenziando fragilità e finte sicurezze. Maschere e consapevolezze; senso del dovere e mancanza di empatia; furore, contenitori umani, cuori dentro casseti in garage, vicino alla moto. Cuore pronto all’uso. Corpo pure.

Pagine difficili, punti di vista gocciolano sulla pagina come lacrime che han sbagliato strada.

“Però, vedi, è un po’ come quando crolla un ponte: di certo non è l’ultimo camion che ci passa sopra a farlo crollare. Sono anni di infiltrazioni d’acqua, piccoli cedimenti impercettibili e manutenzione inadeguata. Tante piccole cose si sommano nel corso del tempo. Eppure il crollo avviene di schianto, tutto insieme, in una volta sola, e alla fine ci si ricorda solo di quell’ultimo camion.”

Ricerca di senso e fragilità umana in tre atti.

I tendoni rossi si son chiusi? Si son aperti, giunta alla fine? Dipende, sempre, da quel famoso Punto di vista!

Ho girato le ultime pagine – candide, immacolate non senza motivo – ed è stato come alzarmi dalla poltrona del teatro. Non ho applaudito per non far rumore… ché certi silenzio sanno esprimersi da soli e vanno rispettati.

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