“Solo danni collaterali” – di Pier Bruno Cosso

Pier Bruno Cosso, attraverso una meticolosa scrittura, in “Solo danni collaterali“, Marlin Editore, mette in scena la tessitura narrativa di una storia vera.

Se da una parte dipinge con l’immaginazione fervida che deve albergare nella mente creativa di un bravo scrittore – quale egli è – dall’altra, come scrivevo poc’anzi, dà voce a protagonisti che non si sono limitati a essere frutto d’immaginazione ma che, purtroppo, sono stati reali protagonisti della vicenda narrata in questo libro e questo, anche se non mi fa cadere dal pero, fa accapponare la pelle.

Come ormai sa chi mi segue da un po’, non sono tipica parlare in modo esplicito delle trame, men che meno se devo scrivere di un romanzo come questo che attraverso la suspense tiene ancorati i lettori alle pagine – com’è giusto che sia quando una capace scrittura crea empatia azzerando i limiti spazio-temporali. Ho da poco terminato questa lettura e la prima parola che mi viene in mente – accantonando per ora la principale – ossia: malagiustizia – è “Catastrofe”.

Catastrofe intesa non con l’accezione positiva, ideologicamente rappresentata dal vomere che ribalta la terra permettendo un futuro riciclo vitale, bensì in consonanza con un sovvertimento improvviso di un quotidiano sereno.

Perché – non fosse stato per quel presentimento infilato lì tra i pensieri del Dottor Campanedda – infilato come filo d’erba tra sassi – quella era l’alba di un qualunque sabato, per Enrico, per Gavina, sua moglie e per Rosa, loro figlia.

Sarebbe potuto essere un sabato tranquillo; la luce iniziava a filtrare dalla finestra, le percezioni iniziavano a risvegliarsi, la calma avrebbe potuto impregnare animi e mobilio.

Ma un improvviso suonar di campanello è entrato nelle stanze di casa seminando sbiggottimento e – data l’ora – indignazione.

Perché “Male non fare, paura non avere” o almeno questo ci hanno insegnato quando eravamo piccoli… o no?

Ma il suono arriva, entra e distrugge.

Ecco, quindi, l’inizio di una catastrofe che non giunge sul finir delle strofe come epilogo di un dramma teatrale bensì si palesa all’inizio del romanzo, quando noi lettori siamo lì che ci addentriamo, lentamente, rispettosi, dentro case edificate non con solo inchiostro.

Una catastrofe segna, gioco-forza, il confine tra un prima e un dopo; sposta argini ridefinendo i limiti stessi di un possibile ignoto.

Dove prima c’erano sospiri di residua, placida, sonnolenza, ora d’improvviso ci sono tutti gli elementi di un disastro.

“La frase “Le conviene collaborare…” precipita  fragorosamente sul pavimento come fosse un grosso lampadario di cristallo caduto  all’improvviso. Rumore di vetri rotti e silenzio. Sembra un consiglio non richiesto, un consiglio contro.”

Quando la Giustizia bussa alla porta, senza delicatezza e convenevoli; quando guarda in faccia con occhi torvi e pugni chiusi; quando sputa addosso, guarda con sdegno, gira le spalle dopo aver messo all’angolo… ecco… quando tutto questo avviene, cosa conviene fare? Come si deve reagire? C’è un bugiardino a disposizione? Rischi? Controindicazioni?

Danni collaterali?

Il Dottor Campanedda Enrico – nome di fantasia – di una sola cosa è certo: della propria onestà.

Eppure…

Eppure Pier Bruno Cosso ha scomposto, con abilità, i pezzi di un puzzle che sembrava finito ma che lungi era dall’esserlo.

Non sempre la verità abbaglia più dell’ingiustizia. Non sempre l’onestà vince sulla disonestà. O forse sì, forse alla lunga, con graffi ancor più evidenti sul cuore che sulla pelle, con tenacia, determinazione e qualche birra gelata, refrigerante, si riescono a mettere in fila i pensieri, a codificare le trame che altri hanno scritto al posto nostro e a riprogrammarne gli eventi in divenire.

Questo è un romanzo sulla giustizia, -quella che non va come dovrebbe andare – sulla responsabilità civile e penale, sul fatto che “chi sbaglia paga” però non sempre a pagare è chi ha sbagliato. Perché ci sono sempre sempre troppi perché e perché non tutte le maiuscole del cognome hanno lo stesso peso.

Questo è un romanzo sulla potenza di un amore, nel bene o nel male; sull’amicizia, sulle persone che lottano al tuo fianco ancor più se il vento sferza contro cercando di far chinare la testa.

Questo è un romanzo che focalizza l’attenzione sui dettagli:

“Sono i dettagli, che fanno sempre più male. In qualunque sciagura, sono i dettagli che lasciano le cicatrici.”

Un libro che si legge d’un fiato e che invita alla riflessione e alla responsabilità e sull’impatto delle proprie azioni sulle vite degli altri.

Perché le parole possono essere macigni che bloccano le strade altrui; perché certe firme, in calce a certi documenti, possono corrispondere al “delete” della tastiera e a essere cancellata, nel frammento di un paio di secondi, può essere la dignità di un innocente.

Ed è catastrofe, l’impossibile che diventa possibile… si gelano i pensieri, si bloccano le volontà, si paralizza il battito per un secondo, due, tre, un respiro, due, tre… si riparte vivendo giorni di un tempo che pare la controfigura di se stesso.

E poi si rinasce, forse.

Forse si rinasce come prima, forse.

Forse no, forse si rinasce ma non in copia anastatica.

Forse, per Enrico e Gavina, è meglio non parlarne più.

Lisa.

“Solo danni collaterali” Pier Bruno Cosso.

4 risposte a "“Solo danni collaterali” – di Pier Bruno Cosso"

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  1. Leggendo questa recensione ho imparato l’etimo della parola “catastrofe” (imparare una parola al giorno sarebbe bellissimo!); in più ho capito quanto ti ha appassionato questo libro.
    Grazie! 🙂

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    1. Imparare una parola al giorno sarebbe bellissimo, hai ragione! Sì, questo romanzo mi è piaciuto anche se non si tratta del genere che prediligo: questo, per me, ha forse ancor più valore indicativo. Ti dirò di più: con tranquillità potrei scrivere che non ha nulla da invidiare Grisham, avvocato degli innocenti con i suoi libri gialli. Anche in questo caso, il libro non è inteso come “indagine da compiere per giungere all’assassino” ma romanzare il termine “giustizia” ad ampio spettro, zoommando sul singolo. In queste pagine c’è tantissima psicologia e questa è la cosa che, in particolare, ho adorato; un’attenta attenzione sui dettagli di una vita scomposta dalla giustizia, o da quella che dovrebbe essere “presunta tale”.

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      1. Se poi è quella italiana di giustizia, con i suoi tempi biblici, il tempo per studiare i dettagli basta e avanza! 🙂

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